tributo a Mario Monicelli di VALENTINA RESTIVORicordo una conversazione con un’amica. A proposito di Mario Monicelli, al tempo ancora 92enne, questa mia amica mi parlava “dell’importanza di salvaguardare Monicelli”. Perché era l’ultimo di quella grande generazione di cineasti che sapevano raccontare, che conoscevano il mestiere, il lavoro di squadra fondamentale fin dal concepimento di un film e che hanno reso una battuta di un personaggio parte integrante del linguaggio quotidiano (una su tutte la mitica SUPERCAZZOLA!).
Non voglio cominciare una lunga, e neanche troppo esaustiva , scrittura sul cinema italiano dei bei tempi che furono. L’interesse verte su due dei suoi film che sono stati fra i più significativi nella mia vita: I Soliti Ignoti (1958) e Amici Miei atto I (1975) e atto II (1982). Appartengono entrambi (atto primo e secondo li ritengo un atto unico) a quella tipologia di film che ad ogni visione esaltano la mente. I protagonisti facce e tipi che non si trovano più in questa Italia. Perché non sono gli stessi italiani di oggi. I personaggi di Monicelli conservano qualcosa che non esiste più, ossia la dignità. I due film citati ne sono un esempio.

I Soliti Ignoti è un portento della commedia all’italiana, riconosciuto da chiunque, che ha dato vita a qualche remake e a due sequel (
Audace colpo dei soliti ignoti e
I soliti ignoti…vent’anni dopo). Ma, per quanti seguiti e remake possono essere fatti, solo l’originale ha quella freschezza e spontaneità che è raro trovare. L’alchimia fra i protagonisti è unica. Per questo anche se si vede decine e decine di volte si scopre non una frase, ma una maniera per dirla con una gestualità particolare. La breve scena di Gassman che firma come garanzia per la merce ricevuta da Totò (qui nei panni dell’esperto di casseforti Dante Cruciali) è esilarante solo se la si osserva. Non basta ricordarsi “Uomo di lettere!” e “Sei stato in Cina?”. Bisogna ricordarsi i gesti e le facce per far sì che il riso venga fuori con tutta la spontaneità possibile. E le scene da citare sono innumerevoli, per questo ritengo che sia una perla da conservare e studiare per apprezzare ed amare completamente la sua purezza. Oltre al fatto che ci sono tre mostri sacri del cinema d’attore, Vittorio Gassman (al suo primo ruolo comico), Marcello Mastroianni e Totò, sapientemente affiancati da Renato Salvatori, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Carla Gravina, Claudia Cardinale (al suo debutto sul grande schermo), Mimmo Carotenuto e Rossana Rory.
Passiamo ora a Amici miei. La storia qui è un po’ diversa. Tema principale sono le “zingarate” (altra parola inventata) di cinque amici: il Conte Raffaello Mascetti (Ugo Tognazzi), l’architetto Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), il Dottor Sassaroli (Adolfo Celi), il Perozzi (Philippe Noiret) e Guido Necchi (Duilio Del Prete nell’atto I, Renzo Montagnani nel II). Quello che ti entra nel cuore è proprio questa meravigliosa amicizia, fatta di giri senza una meta (le zingarate appunto), la voglia di stare insieme senza mogli, amanti, figli che condizionano troppo e che quando spuntano sono solo motivo di un’altra presa di culo fra amici. È un bellissimo elogio all’amicizia, quella capace di
prendere la vita col sorriso, di ridere anche di fronte alla morte (magistrale è la scena della morte del Perozzi), e conservare la propria signorilità pur essendo povero spiantato come il Conte Mascetti. Personalmente è una trilogia che mi accompagna fin dalla tenera età e non riesco a staccarmene. E condivido quest’ amore con altri, con i quali ci piace usare frasi tratto da questa (come “Allaccia scarpa scarpa allaccia” “Cippalippa” “Non vi preoccupate, tanto domani mi ammazzo!”).
Oltre ai film di Monicelli mi resteranno i suoi occhi sempre giovani e vivi, quasi quelli di un ragazzino nel corpo di un novantacinquenne. E una voce chiara e forte che ha usato fino alla fine. Straordinaria una sua battuta fatta durante un’intervista su un red carpet di non so quale festival nel 2005:
Intervistatore: «Maestro Monicelli, il maestro De Oliveira si presenta, a 96 anni, con un nuovo film. Cosa ne pensa?»
Monicelli: «Mah, spero che muoia, così mi lascia spazio! perché a 96 anni fa sempre dei film bellissimi!».
Ecco l’importanza di essere Monicelli…
Valentina Restivo