
Sotto il portico di un tempio ormai diroccato trovano riparo dalla pioggia 3 individui:un monaco,un boscaiolo e un servo.
I tre discutono di un fatto riguardante un famigerato bandito,Tajomaru,accusato di aver violentato una donna e poi ucciso suo marito,un samurai.
Il tutto viene raccontato secondo diversi punti di vista e davanti alla autorità.
Verranno ascolte le versioni del bandito Tajomaru,della donna, del bonzo e persino del samurai defunto tramite una maga,tutti sono pronti a mentire per coprire le proprie vergogne sociali per poi arrivare alla versione finale del boscaiolo che ammette di aver assistito al delitto e che aveva mentito davanti alla polizia per paura di essere coinvolto(anche perché si era impossessato di un pugnale di grande valore)e che non fa onore a nessuno dei tre personaggi.
Il monaco non si fida delle parole del servo,che tuttavia appaiono più sagge e obbiettive di tutti gli altri,e si rende conto di quanto la natura umana sia così effimera,e che secondo lui l’unico modo di andare avanti è quello di avere una grande fede.
L’opera di Kurosawa è una sorta di metafora sulla lealtà dell’uomo.
Un film intrecciato e complesso per via dell’uso inusuale,di numerosi flashback,e non è facile perciò riuscire ad individuare una vera versione dei fatti,non si sa a chi dare ragione.
Ci sono troppe versioni e addirittura c’è una versione di tipo extrasensoriale(la maga che parla con la voce del samurai defunto)per cui anche il finale,in cui il boscaiolo si fa avanti premuroso e si porta a casa il bambino abbandonato(precedentemente ritrovato al tempio in cui i tre discutevano del fatto)rassicurando il bonzo che non sarà un problema per sua moglie dover allevare il piccolo,può lasciare in un certo senso un po’ di amaro in bocca,ma sicuramente il gesto del boscaiolo è l’unica verità a cui abbiamo assistito per tutto il film,e che riesce a dare un senso di forte umanità.
Diciamo che l’epilogo serve per tranquillizarci,una specie di consolazione.
Con questo film il cinema giapponese ebbe un gran successo da lì a poco,soprattutto personaggi come Mifune.(strepitoso come sempre anche se il ruolo del samurai lo esalta di più)
Credo sia giusto sottolineare che un film bello,possa definirsi tale se riesce a mantenere immacolata nel tempo una grande profondità descrittiva ,dell’ambiente e dei personaggi e una forte attualità nella narrazione,cosa che Rashomon ,ma in generale tutti i film di A.Kurosawa riescono ad avere.
Non dimentichiamoci che questo film è di 60 anni fa,sessanta,giusto per farvi un idea, Scorsese aveva 8 anni,F.Ford Coppola 11,questo per dire quanto un film del genere abbia realmente aperto la strada a capolavori futuri e che quindi è difficile non apprezzare opere come questa.
regia |
Akira Kurosawa |
sceneggiatura |
Akira Kurosawa
Shinobu Hashimoto Ryūnosuke Akutagawa (short stories) |
produttore |
Minoru Jingo |
attori |
Toshirō Mifune
Machiko Kyō Masayuki Mori Takashi Shimura Kichijiro Ueda Fumiko Honma Daisuke Katō (policeman) Minoru Chiak |
anno |
1950 |
musica |
Fumio Hayasaka |
fotografia |
Kazuo Miyagawa |
studio |
Daiei |
nazione |
giappone |
genere |
dramma,thriller |
durata |
88min |