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Se voi signorine visiterete questo blog, e se sopravviverete alla lettura delle recensioni, sarete un'arma, sarete dispensatori di morte, e pregherete per leggerne di nuove!
Ma fino a quel giorno siete uno sputo, la più bassa forma di vita che ci sia nel globo!
Non siete neanche fottuti esseri umani, sarete solo pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta me*da. Dato che sono un duro non mi aspetto di piacervi, ma più mi odierete, più imparerete.
Io sono un duro però sono giusto: qui non si fanno distinzioni razziali. Qui si rispetta gentaglia come ne*ri, ebrei, italiani o messicani!
Qui vige l'eguaglianza: non conta un ca**o nessuno.
I miei ordini sono di scremare tutti quelli che non hanno le palle necessarie per visitare il mio beneamato blog! Capito bene luridissimi vermi???

(piccola citazione,rivisitata per l'occasione,del Sergente Hartman...se non sapete nemmeno di chi sto parlando,probabilmente questo blog non fa per voi)

martedì 25 agosto 2009

KNOWING - segnali dal futuro

recensione di Edoardo T.
6.2

Nel 1959, durante l’inaugurazione di una scuola elementare, una classe di bambini deposita in una “capsula del tempo” dei disegni raffiguranti un ipotetico futuro. Fra loro una ragazzina riempie un foglio di soli numeri.

50 anni dopo la capsula viene estratta dal terreno e un bambino riceve il messaggio della bambina di 5 decadi prima. Nicholas Cage (John Koestler) il padre del bambino riesce per caso a scoprire il significato del disegno, un codice numerico capace in pratica di svelare il futuro.

La prima parte è decisamente avvicente, se non altro per la storia che, all’inizio e solo all’inizio ha dei connotati di originalità, ma la seconda parte ci svela un film piatto, sicuramente tirato via. Nicholas Cage appare in netto declino, speriamo non irreversibile dato che sembrano sempre più lontani i tempi di “Omicidio a Luci Rosse”, e la sceneggiatura presenta dei veri e propi buchi che giustifica solo con le coincidenze della vita. Gli effetti speciali di molte scene si salvano.

Mi è sembrato di notare diversi richiami, soprattutto a “Signs” nella prima parte.

Nella seconda metà anche molte sequenze di fuga e disperazione di massa, ma Alex Proyas non è Emmerich, e si vede.


recensione di Edoardo T.

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